Dodici comandamenti per l’accesso aperto
Maria Chiara Pievatolo, ripreso dal Bollettino Telematico di Filosofia Politica, 11/02/2012.
Come può comportarsi un ricercatore che vuole diffondere l’accesso
aperto non solo a parole, ma anche nei fatti? Avevo provato a rispondere,
limitatamente all’arte della citazione. Mi
hanno allora chiesto una guida che abbracciasse tutta l’attività di ricerca.
Danah Boyd ha già prodotto qualcosa di
simile: ecco un adattamento del suo lavoro per l’uso degli studiosi italiani.
- Professori ordinari o ricercatori assunti stabilmente nell’industria:
pubblicate solo in riviste ad accesso aperto. Non
avete concorsi da superare. Usate il vostro privilegio per fondare riviste
ad accesso aperto, libere dal vecchio modello economico. Aiutatele a
costruirsi una reputazione. Fatevi una home page e metteteci i vostri
articoli ad accesso aperto. Sarete citati molto di più, specialmente dagli
studiosi più giovani che fanno ricerca su Google prima che in biblioteca.
E se volete contribuire a cambiare il sistema per le generazioni future,
non eludete le regole mettendo on-line testi ad accesso chiuso di cui
avete ceduto i diritti.
- Associazioni disciplinari: aiutate le riviste ad accesso aperto a
guadagnare attrattiva. Incoraggiate i vostri membri a pubblicare su
riviste ad accesso aperto; bandite dei premi per i migliori articoli ad
accesso aperto e chiedete ai vostri soci che in tutti i giudizi sugli
studiosi più giovani riconoscano loro il merito di aver pubblicato ad
accesso aperto, anche in sedi non convenzionali. E smettete di raccontare
che le scelte degli editori che pubblicano le vostre riviste e gli atti
dei vostri congressi non vi riguardano. I loro profitti dipendono da voi,
e voi a vostra volta usate il prestigio dell’editore come criterio di
valutazione della ricerca, per costruirci e distruggerci carriere:
tornate a bordo, per
favore!
- Commissioni di concorso: riconoscete le sedi di pubblicazione alternative
e aiutate le università a seguirvi. Gli studiosi giovani non possono
permettersi di pubblicare in luoghi alternativi finché voi non ne
riconoscete il valore. Promuovete questo processo e inducete le vostre
facoltà a fare lo stesso. La meta è quella indicata da
Lessig: i testi ad accesso chiuso non
contribuiscono all’uso pubblico della ragione e non possono essere
considerati titoli scientifici validi.
- Giovani studiosi trasgressivi: pubblicate solo in riviste ad accesso
aperto per protesta, specialmente se la vostra disciplina è nuova. Vi può
costare una carriera o una cattedra – che in ogni caso non vi daranno – ma
è la cosa giusta da fare. Se siete studiosi interdisciplinari o di un
ambito di studi nuovo, non disponete di riviste “autorevoli”: dovete
trovare il modo per difendervi. Potete approfittare dell’occasione per
rendere autorevoli proprio le riviste ad accesso aperto.
- Giovani studiosi più conservatori: fate uscire quel che vi serve per
vincere il concorso e, dopo aver preso servizio, smettete immediatamente
di pubblicare in sedi ad accesso chiuso. Il vostro comportamento è
comprensibile: ma lo diventa molto meno se persistete anche quando non vi
serve. 5a. Se pubblicate su riviste ad accesso chiuso, controllate le
politiche dei loro editori su Sherpa
/ Romeo e selezionate quelle che permettono l
’auto-archiviazione di una versione del vostro manoscritto su un archivio
aperto (via verde). Evitate la via rossa all’accesso aperto, sia
nella sua versione predatoria,
sia in quella in apparenza più rispettabile, ma
analogamente rapace. E prima di cedere i vostri diritti, chiedete
consiglio al vostro bibliotecario. Probabilmente è in grado di darvi un
parere competente o di indirizzarvi da chi lo saprà fare.
- Tutti gli studiosi: leggete riviste ad accesso aperto e citatele. Il
numero di citazioni migliora la reputazione di una rivista. Se non potete
fare a meno di citare testi ad accesso chiuso in opere ad accesso aperto,
adottate accorgimenti per non aumentarne
unilateralmente l’impatto. E citate vivi invece che morti: il giovane
studioso di Sassari che sta estendendo un argomento di Weber ha bisogno di
essere citato più di lui. Le citazioni hanno una politica: le vostre
scelte sono un voto per il futuro.
- Tutti gli studiosi: cominciate a fare da revisori per riviste ad accesso
aperto. Contribuite a farle prendere sul serio. Curatene dei numeri per
migliorare la loro qualità. E lasciate perdere le riviste ad accesso
chiuso, in modo che facciano fatica a trovare revisori di qualità.
- Biblioteche: abbonatevi a riviste ad accesso aperto e includetele nel
vostro catalogo. Vi costa un po’ di lavoro in più, ma aiuta gli studiosi e
aiuterà anche voi quando comincerete a liberarvi dalla dipendenza dalle
riviste più care con una terapia a scalare.
- Università: sostenete le facoltà nella creazione di riviste ad accesso
aperto. Usate la vostra autorevolezza per promuovere vostre riviste ad
accesso aperto. Se ci riuscirete, miglioreranno anche la vostra
reputazione.
- Editori accademici: svegliatevi o levatevi di mezzo. State ostacolando gli
studiosi e la ricerca scientifica, rendendola inaccessibile. Trovatevi un
nuovo modello d’impresa: anche se ora ricavate profitti, i ricercatori vi
abbandoneranno nel giro di un paio di generazioni.
- Enti finanziatori: pretendete che i ricercatori da voi finanziati
pubblichino in riviste ad accesso aperto o depositino i preprint in
archivi disciplinari. Oppure finanziate direttamente le riviste per farle
passare all’accesso aperto.
- Prima di dire che non ci sono riviste ad accesso aperto nella vostra
disciplina, consultate http://www.doaj.org/. E non
dimenticatevi degli archivi
(http://archives.eprints.org/ e
http://www.opendoar.org/). 12b. Archiviate
tutto sempre!