Documento della Commissione Europea, 17/07/2012. Traduzione di Valentina Tosi.
Cos’è l’accesso aperto?
All’interno di una politica di Open Access, i ricercatori e altri esperti pubblicano i risultati delle loro ricerche (testi vari e/o dati, per esempio di esperimenti) su Internet in modo che tutti possano consultare e scaricare i risultati liberamente e gratuitamente. Open Access significa che i ricercatori avranno un miglior accesso agli articoli e ai dati risultanti da ricerche realizzate grazie a fondi pubblici, indipendentemente da quale istituto abbia finanziato la ricerca.
Quali saranno i punti di forza per la proposta operativa dell’Open Access?
Spesso le pubblicazioni scientifiche sono troppo costose per essere accessibili a tutti gli individui e le organizzazioni. Piccole imprese e professionisti quali medici, farmacisti, ingegneri o architetti non hanno accesso a informazioni fondamentali – nonostante abbiano pagato, tramite le tasse, per garantire la pubblicazione dei risultati delle ricerche. Ciò danneggia l’economia riducendo i livelli d’innovazione e competenza. In termini scientifici, il fatto che i dati spesso non vengano condivisi da tutti, comporta il rischio che si perda ingegno, tempo e denaro. E una maggiore trasparenza dei dati aiuterà a evitare eventuali frodi accademiche.
Quali sono i vantaggi dell’Open Access?
Per la scienza: la ricerca scientifica e l’innovazione sono molto più efficienti e produttive quando i ricercatori hanno un accesso più ampio e semplice all’informazione. Non perdono tempo e denaro cercando articoli specifici, ed è assai meno probabile che arrivino a vicoli ciechi o ripetano lavori già compiuti. Per l’economia: un più ampio e migliore utilizzo di informazioni complesse e dati grezzi può aiutare a creare nuove imprese e posti di lavoro. L’esempio più noto è l’apertura dei dati nel Progetto Genoma (HUGO) nel 2003. Entro il 2010, per ogni dollaro investito inizialmente da fondi federali statunitensi nella ricerca HUGO è stato calcolato abbia generato 141 dollari di attività economica. Un investimento iniziale di ricerca pari a circa 3 miliardi di euro ha già generato circa 500.000.000.000 di euro in attività economiche…
Chi trae vantaggi dall’Open Access?
Innanzitutto, i ricercatori possono rivelarsi più produttivi, e il loro lavoro può essere consultato e utilizzato con maggior frequenza. Studi economici hanno dimostrato che un sistema di accesso aperto per la diffusione dei dati della ricerca risulterebbe più conveniente sia per i vari Paesi che per i singoli istituti. Questi studi rivelano inoltre che l’Open Access sarebbe vantaggioso anche per le PMI, il settore pubblico, le organizzazioni di volontariato e di beneficenza. Per esempio, un sondaggio del governo danese ha dimostrato che le difficoltà di accesso comportano ritardi nello sviluppo del prodotto, e costano annualmente 73.000.000 di euro all’economia nazionale. Ultimo vantaggio, ma di certo non il meno importante, i cittadini avranno libero accesso alla ricerca finanziata con fondi pubblici, oltre a beneficiare degli effetti positivi già derivati dagli altri canali.
Perché serve un intervento europeo in quest’ambito?
La scienza è un impegno globale. La grande ricerca comprende molti ricercatori che lavorano oltre i confini nazionali. Questo lavoro dovrebbe avvenire nella maniera più coordinata possibile, in modo che i ricercatori possano concentrarsi sul risultato della ricerca piuttosto che sulla burocrazia o sul sostentamento delle spese. La Commissione Europea attua il maggior programma di finanziamento della ricerca in Europa (54.000.000.000 di euro per il periodo 2007-2013 nell’ambito del Settimo programma quadro) e quindi agisce anche come un finanziatore della ricerca.
Qual è l’attuale livello di Open Access in ambito scientifico?
Finora il 20% della letteratura scientifica è liberamente accessibile, il 12% tramite archivi aperti (modello verde) e circa l’8% disponibile tramite riviste ad accesso aperto (modello oro), come descritto sotto.
Qual è la differenza tra i modelli di accesso aperto GOLD (oro) e GREEN (verde)?
Nel modello GOLD (pubblicazione ad accesso aperto), il pagamento delle spese di pubblicazione è sostenuto dagli abbonamenti dei lettori (di solito la biblioteca accademica) per l’autore di un articolo. Molto spesso questi costi sono a carico dell’università, dell’istituto di ricerca o dell’agenzia di finanziamento che sostiene la ricerca. Nel modello GREEN di accesso aperto (auto-archiviazione), una versione di questo articolo (per esempio l’ultimo articolo pubblicato o la versione finale del manoscritto, spesso chiamata “stage versione II”) viene archiviata dai ricercatori in una piattaforma online, prima di, dopo o nello stesso momento in cui la pubblicazione arriva alla rivista. L’accesso all’articolo depositato viene spesso ritardato (il “periodo d’embargo”) su richiesta degli editori per conservare i privilegi degli abbonati. Archivi di questo tipo sono presenti nelle istituzioni accademiche o anche organizzati secondo discipline specifiche. Le versioni archiviate in GREEN saranno mancanti dei ritocchi finali o dei numeri di pagina che le rendono citabili così solo in versione stampata – incentivando così chi può pagare per l’accesso completo. Il modello GREEN permette quindi la lettura facile ed economica del materiale esistente pubblicato, senza danneggiare gli editori.
Cos’ha fatto finora l’UE nel settore?
L’attuale progetto di ricerca e sviluppo del Settimo programma quadro finanziato dall’UE include un programma pilota di Open Access relativo a 1084 progetti (FP7). Qui sono disponibili 10.000 articoli liberamente consultabili, a fronte dei 17.000 che saranno disponibili nei prossimi mesi. Tale programma pilota comprende ricerche provenienti da sette aree tematiche, tra cui salute, energia e ambiente, ed è finanziato dall’infrastruttura OpenAire, che fornisce un unico punto d’accesso alle pubblicazioni di ricerca finanziate dall’UE.
Come vedono l’Open Access i ricercatori?
Una consultazione pubblica sull’argomento ha mostrato il vasto sostegno a supporto dei principi dell’Open Access finanziato con fondi pubblici. In un sondaggio della Commissione europea di 811 progetti coinvolti nel programma pilota, la maggior parte degli intervistati ha espresso pieno sostegno all’accesso aperto ai dati per la ricerca. Più in generale, nel 2007, nel giro di appena tre settimane, 18.500 scienziati e bibliotecari hanno firmato una petizione diretta alla Commissione europea chiedendo una politica di accesso aperto, dopo la quale sono partiti i programmi pilota. Un sostegno confermato nel giugno 2012 quando 25.000 cittadini hanno firmato una petizione diretta alla Casa Bianca per chiedere iniziative del governo federale Usa basate sull’accesso aperto. I docenti più qualificati sostengono gli sforzi per ampliare l’accesso alla scienza con modelli di accesso aperto, come confermano queste interviste in video.
Perché avete scelto un periodo di “embargo” di sei mesi per la ricerca nelle “scienze dure”?
Si tratta di un approccio comune tra chi adotta l’accesso aperto, inclusi i progetti del Settimo accordo quadro della Commissione europea attivi dal 2008. Nel Regno Unito il Wellcome Trust permette un periodo di embargo di 6 mesi, ed è il caso anche del Consiglio europeo della ricerca e del Consiglio della ricerca del Regno Unito. Nel giugno 2012 anche i Consigli della ricerca in Danimarca hanno annunciato 6 mesi come periodo di embargo.
Perché le scienze sociali e umanistiche hanno 12 mesi di embargo?
Perché occorre un arco di tempo maggiore per recuperare i costi legati a pubblicazioni su scienze umane e sociali, rispetto alle discipline scientifiche, tecniche e mediche. Quest’approccio rispecchia l’attuale programma pilota ad accesso aperto della Commissione, come anche le politiche operative degli altri enti finanziatori.
Cosa significa questo per l’occupazione in generale?
Una spinta diretta di 1.800.000.000 euro all’anno, ma non ci sono dati precisi riguardanti i nuovi posti di lavoro. Né ci sono prove che le pratiche di accesso aperto adottate oggi porteranno in futuro alla perdita di posti di lavoro nel settore editoriale.
Perché il contribuente europeo dovrebbe pagare per l’accesso aperto quando anche i Paesi terzi beneficiano del materiale?
Gli studi dimostrano che i 2/3 dei benefici economici di una politica di accesso aperto si concretizzano nel Paese che ha finanziato la ricerca.
Come si può esser sicuri che i dati commercialmente sensibili o personali verranno rilasciati con l’obbligo di accesso aperto ai dati?
Tutti i ricercatori devono già rispettare le norme europee sulla tutela dei dati. La nuova direttiva rispetta anche i legittimi interessi commerciali, compresa la necessità di tutelare preventivamente gli obiettivi raggiunti dalla ricerca. Il quadro giuridico in questo senso rimane invariato. Tutti gli obblighi sui dati aperti saranno dettagliati nella convenzione di sovvenzione di ciascun progetto.
L'obbligo di conservare i dati impone degli obblighi supplementari ai ricercatori?
La Commissione collaborerà con gli Stati membri per aiutare i ricercatori a rispettare gli obblighi di conservazione dei dati. Questo sarà un miglioramento rispetto alla situazione attuale in cui molti ricercatori gestiscono da soli gli obblighi di condividere e conservare i dati in modo corretto.
Perché l’accesso walk-in tramite una biblioteca di pubblica lettura non può essere la soluzione per chi vuole leggere pubblicazioni scientifiche su riviste in abbonamento?
I diritti di accesso walk-in sono una soluzione utile per alcuni gruppi, in particolare i singoli lettori, tuttavia i limiti imposti dall’orario di apertura e dalle barriere geografiche dimostrano che si tratta di una soluzione inadatta. È invece grazie a Internet che si permette davvero un accesso 24/7 a chiunque ne abbia bisogno, compresi coloro che hanno necessità di utilizzare nuovi software e nuovi metodi scientifici digitali per condurre revisioni automatizzate di grandi quantità di dati e pubblicazioni.