Testo originale: Guerrilla open access manifesto, luglio 2008. Traduzione di Andrea Zanni e altri.
L'informazione è potere. Ma come ogni tipo di potere, ci sono quelli che vogliono tenerselo per sé. L'intero patrimonio scientifico e culturale, pubblicato nel corso dei secoli in libri e riviste, è sempre più digitalizzato e tenuto sotto chiave da una manciata di società private. Vuoi leggere le riviste che ospitano i più famosi risultati scientifici? Dovrai pagare enormi somme ad editori come Reed Elsevier.
C'è chi lotta per cambiare tutto questo. Il movimento Open Access ha combattuto valorosamente per far sì che i ricercatori non cedano i loro diritti d'autore e pubblicare invece le loro ricerche su Internet, a condizioni che ne consentano l'accesso a tutti. Ma anche nella migliore delle ipotesi, ciò sarà valido solo per i testi pubblicati in futuro. Tutto ciò che è stato pubblicato finora andrà perduto.
È un prezzo troppo alto da pagare. Costringere i ricercatori a pagare per leggere il lavoro dei colleghi? Scansionare intere biblioteche, ma consentire di leggerne i libri solo a chi lavora per Google? Fornire articoli scientifici alle università d'élite del Primo Mondo, ma non ai bambini del Sud del mondo? Tutto ciò è oltraggioso e inaccettabile.
«Siamo d'accordo», dicono in molti, ma cosa possiamo fare? Sono le aziende editoriali a detenere i diritti d'autore, a guadagnare somme enormi facendo pagare l'accesso, ed è tutto perfettamente legale — non possiamo far nulla per fermarli». Però è possibile intervenire, facendo qualcosa che è già stato fatto: possiamo contrattaccare.
Tutti voi che avete accesso a queste risorse, studenti, bibliotecari o scienziati, vantate un privilegio: potete nutrirvi al banchetto della conoscenza mentre il resto del mondo rimane chiuso fuori. Ma non dovete — anzi, moralmente, non potete — tenere questo privilegio solo per voi, avete il dovere di condividerlo con il mondo. Avete il dovere di scambiare le password con i colleghi e di scaricare gli articoli per gli amici.
Tutti voi, che siete stati chiusi fuori, non starete a guardare, nel frattempo. Vi intrufolerete attraverso i buchi, scavalcherete le recinzioni e libererete le informazioni lucchettate dagli editori per poi condividerle con gli amici.
Tutte queste azioni vengono però condotte nella clandestinità oscura e nascosta. Sono definite “furto” o “pirateria”, come se condividere conoscenza fosse l'equivalente morale di saccheggiare una nave e assassinarne l'equipaggio. Ma condividere non è immorale: anzi, è un imperativo morale. Solo chi fosse accecato dall'avidità rifiuterebbe di concedere la copia di un testo qualsiasi a un amico.
E le grandi multinazionali, ovviamente, sono accecate dall'avidità. Le stesse leggi a cui sono sottoposte richiedono che siano accecate dall'avidità — se così non fosse i loro azionisti andrebbero su tutte le furie. E i politici, corrotti dalle grandi aziende, danno loro sostegno approvando leggi che danno loro il potere esclusivo di decidere chi può fare o non fare delle copie.
Non c'è giustizia nel rispettare leggi ingiuste. È tempo di uscire allo scoperto e, nella grande tradizione della disobbedienza civile, dichiarare la nostra opposizione a questo furto privato della cultura pubblica.
Dobbiamo acquisire le informazioni, ovunque siano archiviate, farne copie e condividerle con il mondo. Dobbiamo prendere ciò che non è più coperto dal diritto d'autore e caricarlo sull'Internet Archive. Dobbiamo acquisire banche dati segrete e metterle sul web. Dobbiamo scaricare riviste scientifiche e caricarle sulle reti di condivisione. Dobbiamo lottare per la Guerrilla Open Access.
Se in tutto il mondo saremo in numero sufficiente, non solo manderemo un forte messaggio contro la privatizzazione della conoscenza, ma la renderemo un ricordo del passato.
Vuoi essere dei nostri?