Eredità

Post originale: Legacy, dal blog Raw Thought, 01/06/2006. Traduzione di Bernardo Parrella.

Le persone ambiziose vogliono lasciare un'eredità ai posteri, ma di che tipo di lascito si tratta? Il criterio tradizionale è misurato dagli effetti delle nostre azioni. È così che gli avvocati più importanti diventano i giudici della Corte Suprema, poiché le loro decisioni hanno effetti sull'intera nazione. E i matematici più affermati sono quelli che fanno scoperte significative, le quali finiscono per essere usate dalle moltitudini successive.

Un quadro piuttosto ragionevole. L'eredità di una persona dipende dall'impatto che produce, e il modo migliore per misurarlo è considerare gli effetti delle sue azioni. Ma fare ciò significa spesso misurarle con il metro sbagliato. L'ottica giusta non è quella di osservare gli effetti del proprio impegno, bensì quella di immaginare come sarebbero le cose se non si fosse agito.

Si tratta di due prospettive ben diverse tra loro. È normale accettare il fatto che certe idee siano mature per la loro epoca, e la storia tende a confermarlo. Quando Newton inventò l'algebra, lo stesso fece Leibniz. La teoria dell'evoluzione delle specie tramite la selezione naturale di Darwin venne proposta anche da Alfred Russel Wallace. E quando Alexander Graham Bell inventò il telefono, così fece Elisha Gray (pare ancor prima di lui) [n.d.t. e anche Antonio Meucci].

In questi esempi i fatti sono palesi: qualora Newton, Darwin e Bell non avessero fatto quelle scoperte, il risultato sarebbe stato sostanzialmente lo stesso — avremmo comunque l'algebra, l'evoluzione delle specie e il telefono. Eppure costoro vengono salutati come eroi importanti, e il loro lascito è immortale.

Se dovesse interessarci soltanto l'aspetto dell'adulazione per quantificare l'impatto di un eredità, non sarebbe forse sufficiente. (Pur trattandosi di un gioco alquanto pericoloso, perché il futuro potrebbe risvegliarsi in qualsiasi momento e rendersi conto che quell'adulazione è fuori luogo.) Qualora volessimo però capire effettivamente la portata del nostro impatto, non dovremmo limitarci a registrarne il modo in cui questo viene percepito, ma occorre una riflessione più attenta.

Tempo fa incontrai un noto accademico, il quale aveva pubblicato svariati testi ampiamente riconosciuti come classici perfino al di fuori della sua disciplina. Egli mi offrì alcuni consigli per fare carriera in campo scientifico. Ora mi è chiaro che ciò che mi disse vale per due persone, a conferma che si tratta di un fenomeno di più ampia portata. Attualmente l'ambito x è assai “caldo”, mi disse, potresti davvero farti un nome dandoti da fare in quel campo. L'idea di fondo era che presto ne sarebbero nate scoperte importanti e, qualora mi fossi buttato in quel settore, avrei potuto essere io a farle.

Secondo il mio metro di giudizio personale, ne conseguirebbe un'eredità assai scadente. Per quel che possa valere, non credo che nessuno di questi esempi possa rientrare in questa categoria; ovvero, la reputazione di chi persegue questa via è comunque valutata anche in base a questi parametri. Ancor peggio, se consideriamo come sono andate le cose fin ora: si presume che Darwin e Newton non abbiano avviato le loro indagini perché ritenevano che quel campo fosse “caldo”. Mettendo in pratica le loro idee, ritennero di produrre un impatto significativo, pur se ciò non si fosse poi rivelato corretto. Ma se qualcuno decide di entrare in un certo campo scientifico semplicemente perché ritiene che presto ne scaturirà una scoperta importante, non potrà mai sperimentare una simile delusione. Al contrario, sarà cosciente del fatto che il suo lavoro produrrà scarso impatto, e dovrà operare in base a quest'impressione.

Lo stesso vale per altre professioni che erroneamente riteniamo importanti. Prendiamo per esempio i giudici della Corte Suprema. Tradizionalmente lo si ritiene un impegno maestoso da cui derivano decisioni di estrema importanza. A me sembra invece che il loro impatto sia alquanto ridotto. L'impatto maggiore deriva piuttosto dalle posizioni politiche del Presidente che sceglie quei giudici. In mancanza di un certo giudice, ne avrebbe trovato un altro da nominare in quel ruolo. L'unico modo per avere un impatto concreto come giudice della Corte Suprema sarebbe quello di cambiare le proprie posizioni politiche dopo essere stato nominato, e l'unico modo per prepararsi a una simile eventualità sarebbe quello di trascorrere la maggior parte della carriera facendo cose che si ritiene essere sbagliate nella speranza che un giorno si venga scelti come giudice della Corte Suprema. Qualcosa di ben difficile da digerire.

Quali sono allora i lavori che lasciano un'eredità degna di questo nome? Non è facile trovarne, poiché per loro stessa natura richiedono di fare cose diverse da quelle degli altri, e quindi si tratta di cose che non sono venute in mente a nessun altro. Una buona fonte è comunque cercare di fare qualcosa per cambiare il sistema, anziché assecondarlo. Per esempio, il sistema universitario incoraggia a diventare professori per poi compiere delle ricerche in determinati campi (e quindi ci provano in molti); scoraggia invece la gente a cercare di cambiare la natura dell'università in quanto tale.

Ovviamente fare cose come provare a cambiare l'università è ben più arduo che diventare semplicemente l'ennesimo professore. Ma per chi è genuinamente interessato a lasciare un certo tipo di eredità, non sembrano essere molte le scelte a disposizione.